sabato 17 luglio 2010

Viaggioesia

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In memoria di Rungrote
amico e collega






mercoledì 14 luglio 2010

Non è tutt’oro ciò che brilla nella terra dei sorrisi!

I 514.000 km² della Tailandia (contro i 301.338 km² dell’Italia ma una densità della popolazione di circa la metà rispetto al nostro paese) sono compresi su 1700 km di lunghezza da nord a sud e presentano una varietà di paesaggi davvero unici: dalle zone montuose e ricche di foreste del nord, alle pianure e dolci colline ricche di campi e frutteti delle zone centrali, alle più turistiche zone costiere – sia verso il Golfo di Tailandia che verso il Mar delle Andamane. La varietà di paesaggi si associa ad una altrettanto evidente varietà di etnie, usi e costumi: aspetto fisico, lingua, cucina, usanze religiose, perfino le pratiche terapeutiche del massaggio possono differire in modo notevole da zona a zona.

Chi almeno una volta ha avuto la possibilità di visitare la Tailandia concorderà con me quando dico che si tratta di un paese bellissimo.

La popolazione, un totale di 64 milioni di abitanti di cui circa 10 milioni concentrati nella capitale, si compone di almeno 4 principali sottogruppi propriamente tailandesi e altre minoranze di diversa origine: Thai - centrali, nord-orientali, settentrionali e meridionali- ma anche cinesi, vietnamiti, malesi. Circa il 94% della popolazione è buddista e proprio questa radicata professione religiosa, mista ad un senso di superstizione in cui le fede si fonde alle credenze popolari, rende il popolo tailandese così affascinante e solare.

Dopo una breve vacanza trascorsa alla ricerca di angoli incontaminati, templi, elefanti e spiagge remote la decisione di diventare un “expat” venne naturale. Expat, altro non è che un modo altolocato per dire emigrante (che sia a tempo determinato o no chi può stabilirlo), come se ci si debba vergognare di utilizzare questo termine e si preferisca espatriato. Un senso di malcontento e il desiderio di fare esperienze nuove mi accompagnava incessantemente da diverso tempo. Alla soglia dei 40 anni in molti hanno creduto che fossi impazzito. Ma non è mai troppo tardi per fare un passo che potrebbe essere più lungo della gamba.

La fortuna e la determinazione giocano nella vita un ruolo fondamentale e l’una non può fare a meno dell’altra. Nel mio caso le giuste conoscenze e una grande sfrontatezza hanno accelerato il tutto: in poco tempo avevo un visto di soggiorno, un lavoro che mi consentiva la sopravvivenza e un biglietto aereo A/R con partenza in 1 mese e rientro dopo 6.

Questo è stato probabilmente un primo errore: tutto troppo di corsa! Pianificare è la cosa migliore… cercare di capire dove ci si sta recando e perché! Fare una vacanza è un conto, trasferirsi è un altro. Lasciare un paese può essere liberatorio ma questo non dovrebbe incidere su chi resta, cosa che a malincuore ammetto di aver lasciato che accadesse (troppe le persone in Italia che a questo punto meriterebbero un grazie pubblico, meglio evitere!).

Le difficoltà di comunicazione sono il primo vero ostacolo incontrato al mio arrivo. La Tailandia ufficialmente ha 2 lingue, il tailandese, per l’appunto, e l’inglese. Ma fra la teoria e la realtà c’è un abisso socioculturale, territorio dipendente. A Bangkok e nelle principali mete turistiche s’incontra sempre qualcuno che parli inglese e lo capisca anche se questo non deve essere dato per scontato. Molti dei tassisti non sono in grado di capire dove vogliamo andare se non pronunciamo correttamente la destinazione (provate a chiedere Victory Monument e vedete che succede se non riuscite a ricordarvi che lo stesso posto è conosciuto come Anusawari Chai Samoraphum) e nei ristoranti di strada gli expat imparano in fretta come ordinare i piatti preferiti. Ma la comunicazione non è fatta solo di parole. Il linguaggio corporale dei tailandesi differisce in modo sostanziale dal nostro. Il sorriso non è sempre espressione di felicità: con il tempo ci si accorge che qui la gente sorride più frequentemente quando è imbarazzata o non capisce ma ha paura di chiedere spiegazioni. Il contatto fisico è comune fra amici e familiari ma gesti per noi semplici come la stretta di mano o il bacio sulla guancia, quando ci si incontra, sono sostituiti dal “wai” (un saluto fatto congiungendo le mani come quando si prega ed eseguendo un lieve inchino), delicato e rispettoso ma che non prevede alcun contatto.


La ricerca di un alloggio non è sempre facile. La cosa ideale è trovare un hotel che sia in una zona centrale per i primi giorni, in modo tale da poter esplorare la città e capire in quale area si desidera vivere. Una volta scoperta la zona più conveniente (economicamente, per mezzi di trasporto pubblici, per sicurezza) inizia l’avventura della contrattazione. Anche in questo caso la fortuna di avere amici sul posto, in grado di parlare la lingua, mi ha facilitato la ricerca. Diffidate delle agenzie che offrono posti centrali a prezzi bassissimi ma soprattutto attenzione agli acquisti di case: per legge la terra su cui viene costruita una casa deve appartenere ad un tailandese!

Nel trasferirsi in un nuovo paese è importante conoscere un minimo le norme e le regole che potrebbero influire sulla vita quotidiana. In Tailandia, ad esempio, il datore di lavoro sottopone un nuovo impiegato a un periodo di prova che può variare da 3 a 4 mesi (e il superare il periodo di prova non è una cosa scontata); i giorni di ferie variano in base al datore di lavoro e agli anni di lavoro per la stessa compagnia (da 6 a 14 giorni all’anno nel mio caso!); se insulto Berlusconi in Italia nessuno ci fa caso ma se qui parlo pubblicamente di politica ed espongo opinioni troppo dure rischio il carcere (che è sicuro se faccio un commento o una battuta che riguardi il Re). Ma questi sono solamente alcuni esempi.

Vale la pena di parlare del cibo. La cucina tailandese è una delle più rinomate al mondo ma… non è la cucina italian! Con questo intendo dire che noi siamo in generale abituati a cercare il giusto ristorante italiano ovunque ci rechiamo. Bangkok e la Tailandia in generale, è piena di ristoranti italiani (più o meno autentici e con cibo più o meno buono). Ma se si guadagna alla tailandese non ce lo possiamo permettere troppo spesso (e anche cucinare a casa risulta molto costoso). Prima o poi ci dobbiamo adattare. Io adoro il cibo tailandese ma ho scoperto di essere allergico al coriandolo (praticamente il prezzemolo tailandese, sia per aspetto che per frequenza d’impiego) e all’inizio ho fatto i conti con il peperoncino. Per potersi abituare si deve andare nei ristoranti di strada con la gente del posto, evitando i cibi non caldi (la dissenteria è la patologia più diffusa qui), aumentando in modo graduale la quantità di “chilly” e assaggiando tutto, senza farsi troppi scrupoli.


Infine la gente: sorrisi, inchini … ma perché? Accennavo prima che spesso i tailandesi mascherano il disagio dietro un sorriso. Le divisioni sociali sono tuttora molto sentite nella società thai e la famiglia gioca un ruolo centrale nella vita quotidiana. Ma questo non significa che il rispetto visibile con gli atteggiamenti abbia sempre una corrispondenza con quello che pensano realmente. Potremmo restare sorpresi nello scoprire che l’essere diretti è considerato spesso scortese e che è più semplice per un tailandese lamentarsi di un nostro comportamento alle nostre spalle piuttosto che direttamente con noi. Lavorando a stretto contatto con tailandesi e avendo pochissimo a che fare i farang (termine tailandese che indica tutti gli stranieri occidentali) ho dovuto rapidamente imparare a relazionarmi con loro adattandomi ai loro modi senza pretendere che fossero loro ad adattarsi ai miei. Dimentichiamo spesso che siamo ospiti e non padroni di casa.

In conclusione: anche se non è tutt’oro ciò che brilla nella terra dei sorrisi, per il momento l’idea di andarmene da questo paese ospitale non ha neppure lontanamente sfiorato la mia mente!